Descrizione
È indubbio che Dante si sia accostato a Virgilio valorizzando le mediazioni culturali che nel Medioevo accompagnavano la sua fruizione. Conosciamo la familiarità dantesca con le glosse e i commenti ai classici, che non solo guidavano l’approccio al testo, ma giovavano inoltre alla maturazione della tecnica di imitazione/emulazione poetica.
Vengono messi in evidenza e ampiamente discussi, in un’attenta analisi comparativa, tutti quei passi di Dante nei quali il sottofondo dell’esegesi allegorica di Virgilio si lascia percepire. Naturalmente, l’analisi soppesa, caso per caso, nonché in sede di bilancio complessivo, la risignificazione che Dante imprime ai prestiti di cui si avvale.
Per la prassi allegorica (Fulgenzio-Bernardo Silvestre), l’Eneide si deve leggere secondo l’allegoria dei poeti; da parte sua, l’interprete Servio accredita una lettura storica del capolavoro virgiliano. Ora questa seconda ottica diviene per Dante una conquista decisiva. Un racconto virgiliano che risulti storicamente vero può accertare la fondazione illustre dell’Impero universale, di cui è padre nobile un eroe come Enea, e inoltre rivendicare il suo carattere provvidenziale, che Virgilio enfatizzava.
A incoraggiare la valorizzazione degli auctores congiurava la certezza di cogliervi, anche attraverso l’allegoresi, un contenuto sapienziale compatibile col Cristianesimo. E Virgilio si prestava più di altri a questo approccio.