Descrizione
Fotografie e ritratti, microscopi e cannocchiali, cartoline e oggetti kitsch, oleografie e incisioni, spettacoli ottici (fantasmagorie e cosmorami) e, sul finire del secolo, il cinema, hanno offerto agli scrittori veristi un insieme di forme narrative, temi e poetiche dello sguardo.
Prende forma un’iconografia del verismo che è il segno più evidente di una cultura italiana la quale, nell’era della riproducibilità tecnica, si apre al confronto, spesso dilemmatico e ambiguo, con le nuove forme di rappresentazione, con i paradigmi culturali e i nuovi miti che tali forme ingenerano nell’immaginario ottocentesco. La cultura visuale offre alla letteratura una serie di oggetti iconici e di dispositivi ottici ambivalenti e polisemantici, con cui strutturare il discorso realista o effettuare incursioni (e deviazioni) nei territori del fantastico e dello spiritismo. Offrendo infine la possibilità di rileggere in forme stranianti i rapporti della causalità storica fino a sovvertire i rigorosi principi della mimesis naturalistica.
Pirandello è, per molti versi, la tappa conclusiva di una traiettoria che affonda le sue radici nel sistema scopico della scrittura verghiana: di fronte alle nuove macchine in grado di produrre racconti optografici del delitto e della morte, ciò che si ristabilisce è, in lui, il superiore potere demistificante della scrittura.