Descrizione
Celato dal manto del lusus, del paradossale Elogio di erasmiana memoria, della satira o del componimento comico-burlesco, il fiume carsico dell’eresia, dell’eterodossia religiosa o intellettuale, attraversa la letteratura italiana, proteiforme e dissacrante. Evolvendosi e amplificando il proprio valore semantico nel corso dei secoli, l’eresia può indossare, nelle Cene di Anton Francesco Grazzini, detto il Lasca, o può esplodere nell’invettiva furibonda, nel funambolismo linguistico, del palermitano Giovan Guglielmo Bonincontro, condannato dall’Inquisizione spagnola nel Cinquecento, la cui opera giaceva, sino ad ora, in gran parte inedita nelle biblioteche siciliane; fino a giungere al Leonardo Sciascia di Morte dell’inquisitore, La strega e il capitano o Don Mariano Crescimanno, in cui l’antagonismo tra persecutori e perseguitati, inquisitori ed eretici, sembra stemperarsi e dar vita ad una lettura innovativa dell’eresia: “scelta radicale” e azzardo di un intimo specchiarsi degli estremismi della ragione nel più cieco fanatismo religioso.