Descrizione
Gli autori dei testi qui raccolti raccontano l’incontro con il Workcenter of Jerzy Grotowski and Thomas Richards con una differenza di linguaggi e di sfondi che non pongono l’evento a distanza, nel fuoco di una osservazione critica più o meno erudita, più o meno avvertita, e giungono invece come una lucida e fiduciosa confidenza, testimoniano di una intimità di vissuti che solo nel raccontar di sé, quando è un raccontare disarmato, si esperimenta.
A partire da prospettive fra loro assai differenti (analitica o visionaria, storiografica o filologica, politica o intimistica, filosofica o teatrologica), tutti i contributi sembrano rinviare a “qualcosa di terzo”, qualcosa che va al di là delle appartenenze singolari e delle private biografie, e che insiste come un cuneo appuntito e tenace nelle pieghe dell’incontro con il Workcenter, il cui lavoro ha uno dei suoi tratti peculiari proprio nella coralità, nella sovraindividualità dei vissuti e dei linguaggi, nella coerente esposizione al travaglio della molteplicità (di sensi, provenienze e destinazioni). Dire del Workcenter oggi non è solo dire di una possibile forma del fare teatrale; dire di una possibilità di azione, compiutamente e semplicemente umana, che si offre al nostro tempo sfiancato, anelante a una trasformazione, non solo delle pratiche teatrali e artistiche in generale, ma delle prassi collettive: quelle prassi che ci costituiscono come appartenenti a un’epoca carica di eredità e assai povera di eredi.