Descrizione
La citazione pascaliana che gli fa da titolo trova la propria ragion d’essere in una zona vitale di questo libro: ad essa allude infatti Leonardo Sciascia, nel Contesto, quando sceglie di interrompere con «un gemito» il naturale respiro del suo personaggio-creatore per eccellenza, l’ispettore Rogas, appunto, di fronte all’arguta, atea arroganza di Riches, anch’egli lettore (ma inautentico) di Pascal. Emblematico, questo passaggio (così come il Dürer della Beweinung in copertina), perché riunisce idealmente, in un unico drappello, tutti gli scrittori convocati in questi saggi a “dire” la condizione umana dentro un evo moderno trovatosi a fronteggiare l’inatteso crepuscolo della cristianità ed il progressivo nascondimento di Dio, nonchè i suoi imprevedibili sviluppi. Il paesaggio della storia dell’Occidente da una credenza “ingenua” ad una “riflessività” che rende la fede sempre meno scontata è stato raccontato sul versante letterario soprattutto da grandi testimoni collocati in partibus infidelium (da Foscolo a Leopardi, da Hawthorne a Flaubert, da Tolstoj e Dostoevskij a Joyce, da Pirandello a Sciascia, da Montale a Caproni, da Sinisgalli a Pasolini, da Pavese a Fenoglio, solo per citarne alcuni), con un pathos ed una verità ancora capaci di parlarci. La loro ricerca e il loro anelito occupano il corpo centrale del libro, sulle tracce di una più o meno criptica riscrittura di quei testi fondamentali che hanno segnato la relazione della nostra cultura con le manifestazioni del divino. Alla loro schiera appartengono sia i grandi miti della grecità, sia i testi sorgente della fede giudaico-cristiana (da Ecuba all’Ad Diognetum). Del loro profumo e della loro eredità il libro, attraverso le parole dei suoi poeti, si sostanzia.