Descrizione
La storia di Fedra è la matrigna innamorata del figliastro Ippolito è un mito fondamentale della cultura occidentale. Che il titolo della tragedia di Euripide rimastaci non sia Fedra bensì Ippolito portatore di corona forse non è un caso. Sembra alludere al fatto che al centro della tragedia non è la donna bensì l’uomo. D’altra parte è certo curioso che Fedra si ammazzi a metà dell’opera, togliendosi dunque di torno assai per tempo, scomparendo agli occhi del pubblico. Con l’uscita di scena di Fedra, la tragedia si svela per quello che è, nella sua essenza originaria e profonda: combattimento di maschi, incontro-scontro padre-figlio. Ippolito ha dei conti da regolare con il padre Teseo: perchè figlio bastardo, perchè patisce la scomparsa della propria madre, una amazzone, una donna che ha sofferto, dice Ippolito. Non dice di più; Euripide non racconta che sia stata uccisa da Teseo, come risulterà da altre fonti più tarde. Sul corpo della donna il padre e il figlio conducono una guerra spietata, che esprime le fragilità del maschio, le sue paure, il suo bisogno di essere rassicurato. Un viaggio critico affascinante, guidato da un filologo classico (Francesco Carpanelli) e da un fine lettore di testi teatrali (Roberto Alonge), entrambi docenti al DAMS di Torino. Il libro ripercorre non solo la filiera Euripide-Seneca-Racine-D’Annunzio, ma esplora anche i frammenti rimasti della tragedia perduta di Euripide (l’Ippolito velato) e della Fedra di Sofocle, parimenti perduta.