Descrizione
Le questioni affrontate in queste pagine partono da un progetto di studio su “Memoria e Shoah” negli scrittori e testimoni ebrei Primo Levi e Ruth Klüger, voci diverse per gender e origini, ma simili nel loro modo di scrivere.
Il caso di Levi è assolutamente esemplare; egli infatti ha passato la vita a ricordare e registrare il passato, confessandosi nelle sue pagine nel tentativo di colmare la distanza siderale tra quel luogo ignoto, retto da leggi proprie, che era stato Auschwitz e difendendo il dovere assoluto della memoria, al quale ha votato la propria opera di testimonianza.
Considerazioni analoghe sono valide per Ruth Klüger, che con lo scrittore torinese ha affinità e differenze talora sorprendenti. Il rapporto della r con la testimonianza si incentra in particolare sulla scorta dei luoghi, quelle Zeitschaften, luoghi in un tempo che non è più, che creano una sorta di resoconto cronologico ed in un certo qual modo anche sincronico, dal momento che l’autrice scrive della “sua Auschwitz” partendo “dal e finendo nel presente”.
L’esperienza della Shoah non rinvia ad altro che a se stessa e avrebbe potuto dunque raffigurare l’assoluta sconfitta del logos. Ciononostante, per Primo Levi e Ruth Klüger qualsivoglia perplessità inerente alla difficoltà di poter rappresentare il proprio vissuto, si è trasformata piuttosto in una sorta di indagine sulle possibilità di quella lingua che aveva tradito le vittime della Shoah e che, prigioniera del passato, era scesa a patti con i testimoni.