Descrizione
Ripartito in due parti, il saggio propone una disamina lucida ed aggiornata del rapporto tra paesaggio e letteratura, soffermandosi in particolare sul secondo Ottocento periodo, di norma, trascurato dalla critica perché problematico momento di transizione dalla concezione romantica ? in cui il paesaggio rispecchia lo stato d’animo ed il vissuto dei protagonisti ?, ai molteplici e inquietanti aspetti del Novecento. Pur nella scarna sobrietà linguistica e stilistica, un gigante della letteratura italiana ? Giovanni Verga ? conferisce al paesaggio un’importante funzione narrativa ed ideologica, rendendolo protagonista tra i protagonisti, metafora della Weltanschauung sottesa alla sua opera. Attraverso l’analisi puntuale delle dodici Novelle rusticane, oltre alla centralità della funzione rivestita dal paesaggio, si scorge la pregnanza di una silloge che ? cerniera tra I Malavoglia e il Mastro-don Gesualdo ? troppo a lungo è stata trascurata (con la sola eccezione di alcune novelle più celebri), costituendo invece un momento cruciale della produzione del Verga tra i due capolavori del Ciclo dei vinti e la stesura di Per le vie, e permettendone un’aggiornata e approfondita lettura critica dopo anni di colpevole silenzio.