Descrizione
Agli inizi del Novecento, la città di Firenze fu il centro di un frenetico processo di rinnovamento della cultura italiana, che non mostrerà subito i suoi risultati, né sarà in grado di propagandare in maniera adeguata le sue acquisizioni con decisivo vigore. Qui idee, gruppi e conventicole nacquero sia con precisi obiettivi e consapevolezza di mezzi, che con ingenuità e avanzata goffaggine: ci si unì, si litigò, si tornò insieme, si pubblicarono riviste e ci si scontrò nelle riviste. Tutto fu mosso dall’entusiasmo dei giovani redattori, sostenuti da alcune centinaia o poche migliaia di lettori e abbonati, accomunati da un’idea di cultura militante, aggiornata, in grado di confrontarsi con i problemi di una società che fino a quel momento non aveva lasciato molti spazi agli intellettuali. Questi giovani, ansiosi e impazienti di successo, furono costretti a infiltrarsi negli interstizi del ceto dirigente o a esporre idee radicali per cercare di proporsi come una vera coalizione della cultura, sempre pronti al contrattacco, a pronunciarsi su ogni questione, mossi com’erano dal desiderio di farsi sentire. Alcuni di questi giovani furono i pragmatisti italiani, uno di loro fu Mario Calderoni (1879-1914), un giovane filosofo acuto e geniale, in grado di comprendere che il successo della dottrina pragmatista aveva generato una “babilonia” di interpretazioni, le quali, considerate in egual misura pragmatiste, rendevano il pragmatismo un’accozzaglia di punti di vista e convincimenti personali.