Descrizione
“Lei non sa chi sono io!” pare che sia per la Cassazione – sentenza 11621 del luglio 2012 – una minaccia in quanto limiterebbe la “libertà psichica” altrui quando venisse proferita in un “contesto di alta tensione verbale”. Dalle nostre ricerche effettuate sul terreno della biografia, della storiografia locale e internazionale, il risultato è diverso. Indipendentemente dal tono e dal volume della voce del deietto, con quella frase non si minaccia, ma si porge richiesta d’aiuto a sottintendere: “Me lo dica, per favore, che neppure io lo so!”. Nel deserto di questa dolorosa insipienza, consapevole o insciente, vegeta – febbrilmente attiva – la fabbrica di identità rocciose a cui tutti concorriamo con buone intenzioni ed effetti esilaranti, dal poliziotto stradale alla psicoanalisi. Il sommo Freud, per il quale l’identità di un uomo è intrinsecamente malata dai tempi del nomadismo ovi-caprino-vaccino, mise in piedi il complesso di Edipo, quello dei “piedi deformi” o “forati”, ma – giurano i mitografi – non comprendendo nulla del secondo marito di Giocasta, di questa figlio e di Laio che forse fu ammazzato per la pederastia consumata su Crisippo di Pisa in un momento di confusione della storia della sessualità greca. In tale guazzabuglio avere un’identità è un terno al lotto e per renderla sicura si esce dal mito e ci si radica nella terra, come un vegetale: la melenzana, ad esempio (melenzana e non melanzana, per la prossimità fonografica alla melensaggine). Ecco: le considerazioni di questa raccolta di recensioni e saggi, pensati in tempi diversi, illustrano la vegetalità dell’identità, la sua disumanità o umanità al grado zero dell’ortolanità. Per scapolare dal destino vegetale un uomo deve tradire. Anzi, è un traditore: uno che si consegna a se stesso in continua ricerca.