Descrizione
Gli scritti raccolti in questo volume sono il tentativo di fare il punto della situazione sulla condizione della cosiddetta crisi dell’architettura contemporanea. L’architettura sta quindi per morire? O è già morta? La domanda, data la quantità di saggi che ne hanno certificata la fine, sembrerebbe alquanto retorica. Forse non è morta e permane in uno stato di agonia da più di mezzo secolo. Ma chi e come dovrebbe destarla? Facile a dire che è finita; ogni epoca ha detto che il proprio tempo era peggiore di quello passato. L’architettura contemporanea, tuttavia, è agonizzante, in stato comatoso, in crisi, non dà più risposte alla società, manca di riferimenti, è relativa, autoreferenziale, cinica e distaccata dai veri problemi, non si rinnova, si è ridotta ad arte fine a se stessa. Cosa si dovrebbe fare allora? Tutti a dire come non dovrebbe essere, mai nessuno a dire come invece dovrebbe essere, pervasi dal relativismo. Prima però di decretarne definitivamente la fine dovremmo capire cosa è l’architettura oggi. Riflettere per un eventuale ripensamento di una delle arti più antiche dell’uomo a partire dall’uomo stesso, dalla topogenesi come linguaggio, dal nomadismo immobile della società attuale e dall’autocostruzione come soluzione all’abitare moderno.