Descrizione
Ci possono essere molte ragioni per cominciare a scrivere un libro, generalmente però si tratta di possedere un minimo di ispirazione ed un numero sufficiente – si spera – di cose da dire. Questo libro nasce tuttavia da un motivo assai più semplice e forse banale, diciamo che sostanzialmente cominciavo ad essere stufo di aspettare che lo scrivesse qualcun altro. Proprio così, mi pareva impossibile che in terra d’Italia nessuno ancora si fosse occupato di raccontare la storia delle nuove arene che, come i circhi e gli anfiteatri nell’antichità classica, sono ancora oggi i luoghi urbani deputati ad ospitare gli spettacoli sportivi e le manifestazioni di massa. Se la forma architettonica delle strutture è variata poco o nulla, lo spettacolo – ahimè spesso indegno – si è avvicinato poco per volta agli spalti finendo addirittura per riscrivere in parte le regole del gioco. Non ho inteso affrontare in questo contesto il complesso discorso del tifo organizzato che popola in maniera colorata e spettacolare curve e gradinate degli stadi italiani, né in ogni caso avrei potuto farlo non avendo un’adeguata conoscenza del fenomeno. Resterebbe altresì deluso chi volesse ricercare tra queste pagine una dettagliata descrizione delle strutture dal punto di vista architettonico. Ben pochi sono gli stadi degni di nota sotto questo profilo, pochissimi quelli costruiti nel Dopoguerra, e comunque fortunatamente esiste già una vasta letteratura in materia. Ho cercato invece di sottolineare il lato storico e quello sportivo di ciascun impianto visitato, senza alcuna pretesa di aver esaurito l’argomento che, in altre nazioni, gode di ben altra considerazione con regolari e riuscitissime pubblicazioni. Del resto, sono proprio gli stadi italiani a non lasciarsi amare, avviliti tra poco eleganti tribune in tubi metallici e poco confortevoli soluzioni architettoniche figlie di discutibili ristrutturazioni ripetutesi nel tempo. Niente atmosfera, poca identità e anche una buona dose di sfortuna se è vero che gran parte degli impianti costruiti negli ultimi anni ha coinciso con sconcertanti debacle sportive delle squadre che ospitano, a cominciare dall’unica società professionistica proprietaria di uno stadio in Italia, la Reggiana. Spero semmai di aver contribuito con questo libro a restituire un briciolo di dignità e rispetto agli stadi delle nostre città, alcuni rimossi o scivolati nell’oblio, altri ricchi di storia e prestigio, tutti indistintamente testimoni di gioie e dolori di intere generazioni di italiani. La scelta degli stadi visitati o qui trattati non ha seguito una particolare logica; se da un lato ho cercato – per quanto possibile e non senza dolorose rinunce – di attenermi ai principali stadi che hanno ospitato negli ultimi anni il calcio professionistico, dall’altro mi sono permesso di includere qualche impianto momentaneamente fuori del giro o comunque degno di attenzione. In qualche caso, poi, si può dire che la fama raggiunta dallo stadio – e penso soprattutto a Viareggio, Rieti e Marsala – sia più meritata di quella ottenuta dalle rispettiva squadre, almeno negli ultimi anni. Sicuramente mille altre città e mille altri stadi avrebbero avuto tutte le carte in regola per figurare nel testo, nessuno me ne voglia per questo. Vorrei ricordare e ringraziare Vincenzo Paliotto che, oltre ad aver contribuito efficacemente, ha per primo creduto nel mio progetto sostenendomi incessantemente fin dal principio. E poi gli amici Giancarlo Filiani, Gabriele Orlando, Fabrizio Pugi e Luigi Venturi che con le loro foto e i loro stupefacenti archivi personali, hanno saputo illustrare meglio di chiunque altro la storia dei nostri stadi. A loro va un grosso grazie da parte di quanti, come me, sono rimasti legati al calcio di ieri e l’altrieri. Per ultimo, desidero ringraziare i signori Marco Van Basten, Roberto Baggio e Paolo Di Canio per avermi riportato a seguire una gara allo stadio dopo tanto tempo, ricordandomi di guardare ogni tanto anche sul campo di gioco