Descrizione
Nel presente lavoro è descritta un’esperienza umana e di ricerca-intervento, iniziata nel febbraio del 2006 e tutt’ora in corso d’opera (maggio 2013), che ha avuto come obiettivo principale quello di ricostruire, dall’interno, l’universo simbolico e relazionale (la cultura) di un gruppo specifico di ravers di un comune del Basso Lazio, Aros, appartenenti al circuito illegale dei rave party. Oltre ad obiettivi conoscitivi, l’intento è stato quello di progettare e sperimentare inedite strategie di intervento sul mondo, anche quotidiano, dell'(ab)uso di droghe sintetiche aventi finalità di prevenzione selettiva ed indicata adottabili all’interno degli ambienti “naturali” di vita degli stessi consumatori. In funzione della “peculiarità” dell’ambito di indagine è stata adottato un approccio etnografico compartecipato in un’ottica di valorizzazione congiunta e simmetrica del punto di vista del ricercatore e dei soggetti protagonisti delle tekno-feste. Dalla conoscenza derivata dalle attività di ricerca è scaturita l’elaborazione di un modello di lettura del circuito off dei tekno-rave come invenzione di uno spazio-tempo, di un’alterità sperimentale attraverso cui i comportamenti agiti dai soggetti protagonisti degli avvenimenti possono essere interpretati come esplorazioni, tentativi di uscire praticamente, ancorché parzialmente, dall’ascrizione dei ruoli ordinari che nella quotidianità prescrivono specifici comportamenti in determinate situazioni. Tale cornice interpretativa per alcuni aspetti si è allontanata dalle tesi che caratterizzano l’odierno panorama teorico dei rave che vede al suo interno una diatriba tra due diverse posizioni: l’una inquadra il fenomeno all’interno di cornici che ne restituiscono l’immagine di un movimento votato a un’incidenza politica reale in senso rivoluzionario o resistenziale; l’altra che lo intende come reazione espressiva e terapeutica individuale rispetto ai contemporanei assetti sociali ed economici.